venerdì 24 maggio 2013

NOI E LE COSE - la vescica (dedicato a il matte e a luca)

Noi e le cose. Gli oggetti in viaggio BANGKOK Siamo combattuti tra la disperazione e l'ilarità. E' la quarta farmacia di Kao San Road in cui tentiamo di risolvere il problema. Stiamo battendo reparto per reparto, sotto una travolgente aria condizionata, cercando qualcosa contro le vesciche. Inizia a maturare in noi l'idea che in Thailandia non esista tale patologia. Quando dico che l'Uomo con la Pistola ha una blister, ci guardano scandalizzati. Inizio a supporre che forse per loro blister è la vescica nel senso di apparato urinario. Ho anche scritto un sms al Matte, a Milano, perché mi cerchi come si scrive vescica in thai per mostrare ai commessi in camicia bianca e pantaloni o gonna a portafoglio blu che cosa andiamo cercando: la reazione è stata ugualmente orripilata, e questo (credevo geniale) sistema si è rivelato una non soluzione. Stiamo dicendo a queste persone che l'Uomo ha un apparato urinario. Bangkok, europei in fuga che qui cercano di scomparire, farang seminudi e sporchi, ubriachi sin dalla mattina. Bangkok e i suoi vicoli, che si chiamano soi, a volte trok, che odorano di cibo, fogna, umido, fiori, incensi, fiume, frutta. Siamo arrivati di notte, tre giorni fa. La gente abita garages, con le serrande tirate su nonostante l'ora tarda; non han tempo per dormire, la massimo per sonnecchiare distesi sulle sedie di plastica che fanno sudare. La gente ripara motorini, fa il bucato, cucina o siede sulle seggioline di plastica minuscole, da scuola materna, colori sgargianti, e, con le spalle incassate tra le ginocchia, e ci guarda. Il pavimento è disconnesso a causa delle radici degli alberi tropicali. Era notte e faceva molto caldo, Luca sciabattava allegro davanti a me, i capelli raccolti, la camicia colorata e fluttuante, ogni tanto entrava in qualche negozio e chiedeva indicazioni alle vecchie sedute tra i duran. Dopo i kilometri di strada fatti, i topi per le strade, gli scarafaggi sotto il tavolo, il vaporetto, il carrettino che porta scorpioni e cavallette. (Solo i caucasici si servono: si fotografano che sgranocchiano insetti che sanno di soya e di nero). Eravamo coperti di pustole rosse. “Non preoccuparti, è una reazione all'umidità”, aveva detto, succhiando l'ennesimo succo dal sacchetto di plastica, mango spiaccicato e dolcissimo. La notte, l'impianto di aria condizionata perdeva acqua sui nostri vestiti. A camminare con le infradito di pelouche, l'Uomo con la Pistola si è riempito di vesciche, e geme. Di giorno si trascina, ha i piedi fritti, il pavimento bolle. La notte il suolo si rinfresca, ma soprattutto lui è ubriaco, tanto da mangiar scorpioni al vapore. Abbiamo respirato il fiume Chao Phraya color caffé la mattina. Siamo scappati dai mostri preistorici del parco Lumpini, varani che ti arrivano alle spalle silenziosi. Abbiamo fatto l'alba in Rambuttri dove la Chang grande costa 60 bath. Cerco di convincere l'Uomo a mostrare il piede a questo farmacista. Lo imploro: “Dai fagli vedere!”, ma l'Uomo con la Pistola non vuole e poi dice che ha paura di non riuscire a stare in equilibrio. Sarò onesta, non ho la minima voglia di passare un'altra giornata con lui che si dispera e implora che il piede non gli vada in gangrena. E' per egoismo che devo risolvere questa cosa, che già fa caldo. Afferro una confezione di cerotti dall'aspetto qualunque e mi giro verso una fiala, ammicco e faccio. “Ma ecco qui!”, come se avessi appena incontrato un vecchio amico. “Ecco qui!”, dico, quindi. L'Uomo con la Pistola mi si avvicina come una bestiola fiduciosa. Ha abboccato. Ho preso la soluzione salina per lenti a contatto. Confido che non si metta lì a leggere cos'è. “Disinfettante per vesciche!”, esclamo. L'Uomo con la Pistola si stupisce sinceramente e prende atto dell'esistenza dell'apposito disinfettante per vesciche. Eccome no! Quello stavamo cercando! Verso la soluzione sui piedi, lui geme e la pelle sfrigola, ho quasi il terrore che gli si consumi. Gli mumifico i piedi coi cerotti. La notte mi corrodo nel senso di colpa. Non sia che gli sto facendo marcire gli arti. Il giorno dopo sta bene. Non si lamenta più. Ho inventato un rimedio contro le vesciche dei piedi.

mercoledì 8 maggio 2013

La guerra tra i poveri

Oggi ho avuto una discussione con una persona che sosteneva su Twitter che un’immigrata non può fare il ministro alle pari opportunità (e allora dico io non lo può fare manco una donna o un omosessuale, ma va beh) e che con che coraggio oggi al tg regione c’era UN IMMIGRATO (la persona lo ha ben sottolineato) che si lamentava della casa del comune da 28 mq in cui vive ma aveva il plasma da 38’. Mi sono molto arrabbiata. Perché mi pare ci siano tante persone che stanno nelle case del comune e hanno il plasma o l’iphone (io non ho né l’uno né l’altro, che sono povera e per prima cosa pago l’affitto), e perché mi pare si voglia intendere che se fosse stato un bresciano a lamentarsi dell’appartamento avendo un plasma, sì, andava bene. Ho sfanculato la suddetta persona. La quale mi ha chiesto conto. Io ho spiegato che certi discorsi leghisti non mi vanno e che a questo punto, visto che lei è libera di pensare ciò che vuole (le scarpe e i negri cattivi, mi pare), preferisco non ascoltare più. Lei ha dapprima chiesto se io ho vissuto il razzismo, come è capitato a lei. E io mi sono chiesta, ma stavolta ho taciuto, come un’hostess bianca giovane e tettona in un villaggio Alpitur per ricconi in centro America abbia vissuto il razzismo, o possa paragonarsi al senegalese che vende collanine e vive di carità abitando in una stanza di 20 mq in dieci. Poi lei ha detto che due sue amiche sono rimaste senza lavoro. Anche io sono senza lavoro, e il mio datore di lavoro (BIANCO, CREMONESE) non mi ha pagato i contributi per dieci anni, e succede, che si resti senza lavoro. E allora si devono chiedere al governo politiche sul lavoro più incisive, smettendo di tagliare i diritti dei lavoratori, io contributi, diffondendo a macchia d’olio i contratti atipici, e smetterla di permettere alle aziende di spostare la produzione all’estero. E aiutare i pendolari, migliorare la rete di trasporti, aiutare i giovani a trovare lavoro e a impararne uno. Mica incazzarsi con i negri. Lei ha detto che la sua amica non riesce a pagare il nido. E io allora ho ribattuto che il nido non è scuola dell’obbligo, è a pagamento ovunque e per tutti, e che allora ci si deve battere, come fa il mio partito, perché il nido sia gratuito, o a prezzi calmirati, ma che continuo a non vedere cosa c’entrino gli immigrati con questo. Ha detto che non è giusto che paghiamo le case agli immigrati. Ho detto che io sono orgogliosa che le mie tasse siano usate per aiutare chi ha bisogno. Che mi vergogno di come sono usate in altre cose (tipo fare la TEM, direi) E lei: gli immigrati vengono qui a mungere la vacca e noi dobbiamo avere più servizi e prima perché noi abbiamo creato questo paese. Ho smesso di discutere. E me ne sono rimasta lì, a guidare per Milano e a chiedermi che minchia ho fatto io per questo paese che per me neanche esiste. Ho frequentato le scuole, dalla materna all’università, ho usato la sua sanità, le sue strade i suoi orribili trasporti pubblici. Lavoro da 16 anni e pago pochissimi contributi perché non sono mai stata messa davvero in regola (il bello di essere giornalista) e quindi? Io ho preso. Un ragazzo nato qui da genitori stranieri dà all’Italia più di me. Perché fonde le due culture, quella di provenienza e quella italiana, e la fa evolvere. La cambia. Ho pensato alla xenofobia religiosa che si ha in particolare verso i musulmani, e ho pensato che non ho mai sentito musulmani andare in tv a chiedere che tutte le donne si coprano il capo, o induisti a imporre di non mangiare il manzo, non li ho visti unirsi in gruppi per chiedere il varo di leggi che limitassero la mia libertà, né ho sentito di aggressioni fatte da musulmani a gente che il venerdì lavorava. Ma ho visto (anche) politici cattolici impedire una legge che conceda gli stessi diritti civili a tutti, perché in Italia alcuni possono sposarsi e adottare e altri no: Li ho visti lottare contro l’aborto e il divorzio in base del loro credo, e reputare alcune persone, ad esempio gli omosessuali, sbagliati, e permettersi di dirlo in pubblico e avere anche chi dava risalto e eco a queste affermazioni. E mi sono vergognata per quella persona… e ho preferito non ascoltare più.

domenica 5 maggio 2013

IO SONO KOMUNISTA E BALLO IL TWIST!!

Qualche giorno fa ho avuto con il direttor Christian Rocca una discussione sull'essere di sinistra e l'essere comunista. Rocca stigmatizzava chi (comunista) sostiene che Letta e Napolitano siano di Destra. Io difendevo la posizione, perché mi è comprensibile. E' vero, anche io sono komunista e penso che Letta sia indiscutibilmente un Democristiano,. E a me, figlia degli anni '70, è stato insegnato che a Destra ci sta la DC e a sinistra ci sta il PC. Il mondo è molto cambiato e adesso mi parer chiaro che il PD non è un partito di Sinistra. A mio avviso un partito di Sinistra crede nella libertà di espressione, nell'uguaglianza, è antisessista, antirazzista e antispecista, la priorità è la lotta alla disoccupazione, il provato è libero di agire, ma i servizi fondamentali devono essere pubblici, credo molto nel pubblico e penso che il Mercato vada controllato perché non è una divinità ancestrale, il Mercato, ma qualcosa che noi possiamo e che dobbiamo governare e indirizzare. I più deboli vanno difesi e tutelati, e non lasciati per strada. Credo nella necessità di una società unita e solidale, in cui è in primis il gruppo ad aiutare, mentre per me ormai siamo una società di Destra, divisa, con i poveri in guerra tra loro. Rocca diceva che la Sinistra sono Clinton, Obama e Blair. Per me, almeno due di questi nomi sono di Destra, persone che hanno creduto nella potenza del Mercato e della Finanza – cedendo ad essi molti poteri che invece dovevano tenere per sé - e che non hanno lavorato per aiutare chi è rimasto indietro, ma hanno creato e potenziato un culto dell'immagine che conta più del senso di comunanza. Io rivendico il mio essere komunista, ma capisco che può essere difficile da capire per chi, filoamericano come Rocca, pensa che il comunismo esista solo in Corea del Nord. Per me in Corea del Nord c'è la dittatura, non il comunismo. Il piccolo leader, il grande leader, il simpatico leader sono miliardari e studiano all'estero. Questo non è komunismo. La gente fa la fame e questo non è komunismo. Komunismo non è neppure morte della libera impresa. Komunismo può essere anche libertà. Ma poi quel che si ha lo si mette in comune per stare meglio tutti. Io chiedo solo che chi più ha più paghi di tasse e che queste tasse servano per dare a tutti, soprattutto ai deboli, dei servizi. Ora non è così e non mi pare proprio che per Letta e per Napolitano l'obiettivo sia arrivare lì. Per questo io rivendico il mio essere komunista e di Sinistra, e dico che Letta è un uomo destrorso.