martedì 21 febbraio 2012

Vecchia, ormai

Che sto diventando vecchia è poco ma sicuro e non solo perché ormai ho la rosa della frangia grigia, e non serve più tingere i capelli, o tagliarli. E non solo perché io, da esile com’ero, peso 53 kili che mi sembrano tutti appicicati sui fianchi, ma anche perché gli amici li ho persi per strada e si sa che a mano a mano che si invecchia il nostro mondo diventa più piccolo..
A volte mi stupisco di come se ne sono andate certe persone che credevo uniche ed insostituibili. Gli amici più cari e più vecchi che avevo. Tutti e tre. E non li rimpiango neanche un po’. Ma imparo ogni giorno di più a stare sola, e non per orgoglio. Solamente, perché so che è così che si finisce. Che nessun rapporto è vero sul serio, se la tua migliore amica può tradirti e non chiedere neanche scusa. E tu non senti neppure nulla.
Mi fa strano come dopo aver affrontato assieme quindici e più anni di cammino improvvisamente ci si guardi in faccia e non ci si riconosca. Ciao chi sei? Che vuoi? Ti devo qualcosa? Come improvvisamente si prendono parti che sono avverse a chi ha camminato così a lungo accanto a noi.
Che io sia vecchia è poco ma sicuro, che se guardo indietro metà delle cose che mi sono capitate non le ricordo più. Ricordo che ero sempre di corsa, non mi annoiavo mai, scappavo dalla finestra e la notte era lunga. Ricordo che mi ficcavo in ogni situazione, che era sempre come se non fosse finita. Che studiavo, leggevo, ascoltavo musica e vedevo pochi film, non avevo né il pc né il cellulare e non sapevo che guardare film in lingua o leggere libri in inglese mi avrebbe fatto bene. Non ho pensato all’Erasmus e non andavo a teatro. Non guardavo il telegiornale, non leggevo i quotidiani, odiavo craxi e de micheli, o, meglio, trovavo orribili tutti gli uomini politici. Non facevo sport, coccolavo gatti, un giorno ho preso l’auto e sono andata a milano e allora poi ci andavo sempre, da sola, e non so come ho iniziato. Non so perché i miei genitori mi lasciassero andare ovunque volevo, senza domandare, anzi lo so, si fidavano, e io non mi sono mai cacciata nei guai. Mi dispiace, ora, di aver perso tempo perché avrei potuto imparare di più e mettere in atto un piano. Prima sai cosa vuoi, prima inizierai a farti strada verso di esso. Io ancora non lo so, cosa voglio. Fino a 10 anni fa credevo una serena vita di coppia, poi mi sono accorta che una serena vita di coppia, in astratto, non mi interessa e non esiste. Io volevo una vita di coppia serena felice ed appagante con marcellazza. Marcellazza ha avuto un figlio e io mi sono rifugiata nel mio lavoro, che non ho mai neanche scelto. Mi ci sono trovata. “domani andrai lì e farai questo”. E io: “ah, ok”. E l’ho fatto, e l’ho fatto al meglio che potevo, come cerco di fare con ogni cosa. E poi è finito. Ed ora? Non lo so, e a volte soffermarmi e domandarmelo, ora che sono così vecchia, non so se ha senso e di certo mi confonde.
La mia fissazione quando ero bambina era la parabola dei talenti. E pregavo, pregavo perché i miei non andassero sprecati. E dicevo a dio parlavo a dio di continuo che non volevo perdere il mio talento. E che per non sprecarlo avrei dovuto riconoscerlo. Passati trent’anni, ancora non sono in grado di distinguerlo.

2 commenti:

Stefania ha detto...

A volte il talento è semplicemente saper scrivere storie e pezzi di vita narrandoli così bene che il lettore resta imprigionato tra le righe e non ne esce più se non con un senso di soddisfazione per gli occhi e delusione per il cuore perchè il racconto è finito.
Frase troppo lunga e senza punteggiatura per farti capire che le persone talentuose così non si sentono, se non dalla voce degli altri. Non sei vecchia, non sei sola, non sei senza talento.
Se no non passerei sempre di qui per leggerti: non mi piace farmi gli affari degli altri, mi piace leggere cose scritte bene. E tu scrivi bene.
Ciao,
Ste

swann ha detto...

io i miei li ho sprecati tutti